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RoboTEEN. Un motore per parlare di adolescenti e di futuro

RoboTEEN. Un motore per parlare di adolescenti e di futuro

RoboTEEN. Un motore per parlare di adolescenti e di futuro

Ci stiamo prendendo gusto! Guardate un pò cosa sono riuscita a spremere fuori da un riottoso adolescente grazie ad un semplice motorino elettrico 😎 Abbiamo parlato di Futuro, di mettersi in moto, di comunicazione genitori-figli (questa semisconosciuta 😅)

👉Se sei un genitore e vuoi raccontare la tua, scrivi!
👉Se sei un genitore e hai qualche domanda da fare ad un adolescente… chiedi! (cercherò un nuovo componente elettrico per farlo parlare 😎)
👉 Se hai voglia di approfondire il progetto Roboteen, fai un giro qui: www.roboteen.it

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Avventura RoboTEEN. Come tutto è cominciato…

Avventura RoboTEEN. Come tutto è cominciato…

Avventura RoboTEEN. Come tutto è cominciato…

La vita sa essere meravigliosamente ironica a volte… Poteva un ex-frustrato Ingegnere-ma-volevo-fare-altro ricevere in custodia dall’universo niente meno che un giovane appassionato di… ROBOTICA?

A quanto pare… no 😅 
Ecco com’è cominciata questa nuova avventura.

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Cosa fare quando hai un lavoro che non vale abbastanza?

Cosa fare quando hai un lavoro che non vale abbastanza?

Cosa fare quando hai un lavoro che non vale abbastanza?

Quando hai un lavoro che non ti realizza… un lavoro che ti impegna troppo ma ti paga poco… quando il tuo cuore vorrebbe fare altro ma non sa cosa fare… cosa si fa?

In questo video la risposta che ho dato ad una giovane ingegnere insoddisfatta. (No, stavolta non sono io l’ingegnere in questione!)

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Un lavoro diverso è possibile

Un lavoro diverso è possibile

Un lavoro diverso è possibile

 “L’economia dovrebbe interessarsi non solo dell’allocazione efficiente dei beni materiali ma anche della progettazione di istituzioni nelle quali i soggetti sono felici di interagire tra di loro” scriveva qualche tempo fa sull’American Economic Review Matthew Rabin, docente brillante dell’Università di Harvard.

Come dire: Lavoratori felici = Aziende più competitive.

Lo so, per moltissimi oggi ancora, parlare di “felicità” sul lavoro sembra quasi una contraddizione in termini, un vero e proprio contro-senso.

Per fortuna però, sempre più spesso oggi, non solo aumentano le evidenze scientifiche che dimostrano come la felicità sul lavoro sia ormai un vero e proprio principio di “buon governo aziendale”, ma aumenta anche il numero di persone brillanti che hanno più voglia di pensare al futuro che rimuginare sul passato.

Dove le trovi?

Beh, nei giorni scorsi ne potevi trovare diverse decine a Firenze, al Festival Nazionale dell’Economia Civile (si è conclusa giusto ieri l’ultima edizione).

Di Festival oggi si sa, ce ne sono tanti, ma questo mi piace particolarmente perché, come scrivono sul loro sito è “un luogo di incontro per dare forza e slancio a una grande, democratica e generativa, mobilitazione di persone, imprese e associazioni per una nuova economia. Un Festival che dà voce a una società civile in movimento: giovani che coniugano profitto e impatto sociale, imprenditori campioni nella creazione di valore sostenibile, comunità che coltivano semi di cambiamento che trasformano la realtà.”

 Per dirla come nel mio Libro (www.unlavorochevale.it), quello di questo fine settimana a Firenze era un vero e proprio covo di meravigliose Aziende GIVER.

Aziende “virtuose”. Non nel senso di buone, brave o “santerelle”. No. Sono virtuose nel senso originario del termine. L’aretè, la virtù, per i greci era, infatti, la qualità dell’eccellenza. La capacità di portare a compimento e far fiorire le proprie potenzialità. Definiamo, per questo, un pianista, virtuoso, o di un poeta diciamo che è un virtuoso della parola.  

Aziende pensate e fatte da LavorArtisti insomma, come li definisco nel mio secondo libro (www.libromissionelavoro.it), lavoratori appassionati di ciò che fanno, pieni di creatività, voglia di contribuire, capacità di innovare, fiuto per cercare opportunità di crescita e voglia di fare la differenza attraverso il chiedersi di più, anziché il lamentarsi per il “di meno”. E così succede che queste imprese eccellono, nel senso che fanno fiorire persone e luoghi, idee e territori, non accontentandosi dell’ordinario, ma andando alla ricerca dello straordinario.

E come lo cerchi lo straordinario se non dando risorse e strumenti di creatività, soddisfazione e maggior benessere personale ai tuoi stessi lavoratori? Non certo spremendoli come limoni.

E non parlo solo di spremere i lavoratori dal punto di vista economico perché, come queste aziende innovative ben dimostrano, quando cambi il paradigma tutto cambia. Quando cominci ad INCLUDERE i tuoi dipendenti all’interno della tua visione aziendale come RISORSA principale anziché come semplice costo, allora tutto cambia.

Per cambiare bisogna cominciare a farci entrare nel sangue, nel cuore e nel cervello che sono davvero finiti i tempi del “Paron” o del “Commenda” che comanda tutto da solo e fa tutto da solo. In un mondo iper connesso, iper tecnologico e iper globale quale quello in cui siamo è indispensabile imparare a fare SQUADRA.

Ma non così, giusto per far contento il responsabile del personale. Serve imparare a creare una SQUADRA STRAORDINARIA per la sua capacità di produrre VALORE, RISOLVERE PROBLEMI e COLLABORARE per l’ECCELLENZA.  

Lo so, non è esattamente dire poco. Per questo sempre più aziende oggi fanno così tanta fatica ad affrontare il mercato del lavoro 4.0. Mancano i requisiti fondamentali alla base. Manca un’adesione reale dei lavoratori all’azienda. Manca, troppo spesso, una visione e un progetto dell’azienda per creare adesione e reale partecipazione dei propri lavoratori, oltre che fornire loro strumenti adeguati per rispondere al meglio alle esigenze aziendali.

Ecco perché le aziende Giver di Firenze (chissà poi quante altre ce ne sono in giro di cui non conosciamo l’esistenza!) sono imprese che producono “valore”. Non solo ricchezza, ma valore. A differenza delle aziende “sucker”, le succhiasangue come le chiamo in “Un Lavoro che Vale”, che invece si limitano a TOGLIERE risorse alle persone con le quali interagiscono e ai territori nei quali operano. Basta pensare l’industria dell’azzardo, chi produce armi, le imprese fortemente inquinanti, ma anche le imprese che offrono lavori inutili.

Le aziende Giver di cui si è sentita voce a Firenze invece portano valore e sono… BELLE.

C’è l’impresa che attraverso la moda e la creatività, riciclando materiali di scarto, porta dignità e una professione alle donne in carcere. E poi quella che produce generatori solari che, al contempo, depurano l’acqua e forniscono accesso ad Internet per le città del futuro.

C’è anche la multinazionale che, oltre ai punti vendita, fonda empori dove chi ha bisogno può prendere in prestito attrezzi e materiali per i lavori casalinghi. Sono imprese civili, plurali, bio-diverse, ibride.

Sono imprese fatte principalmente di “relazioni”, che  vanno alla ricerca di nuove domande, fanno emergere nuovi bisogni, scrutano i luoghi e le persone per coglierne le domande inespresse.

 “Eh, ma c’è la concorrenza, i cinesi mi mordono i calcagni… non ho tempo per formare i miei dipendenti, lavorare sulle relazioni… devo far quadrare i conti a fine mese io!  Li assumo perché mi dovrebbero aiutare e invece pare che non aspettino altro che succhiarmi lo stipendio a fine mese!” 

Questa, per molti imprenditori è la sensazione diffusa: i lavoratori sono spesso piantagrane e troppo poco produttivi. Sicuramente molto più interessati al loro tornaconto che al bene dell’azienda. Per tanti imprenditori la percezione di essere all’interno di un rapporto sbilanciato in cui ciò che ricevono in cambio dai propri lavoratori è molto inferiore a quello che sentono di dare.

Poi però, guarda caso, la stessa identica sensazione accomuna molti lavoratori. Insoddisfatti, si trascinano in una angosciante routine casa-lavoro, senza nessuna voglia, né passione.

Il venticinque percento dei lavoratori nei paesi avanzati, soprattutto giovani, percepisce il proprio lavoro come inutile. Le imprese civili invece creano e distribuiscono valore condiviso, che tracima oltre i confini dell’organizzazione per inondare l’ambienta nel quale operano.

E allora che si fa?

Innanzitutto si prende atto che non tutte le aziende sono succhiasangue e non tutti i lavoratori sono dei fannulloni.

In secondo luogo si affronta la realtà dei fatti: non è una questione di assumere meglio o diversamente. Molto spesso un lavoratore brillante per una certa realtà – a contatto con compiti, mansioni e contesto diversi diventa un lavoratore che si spegne e finisce per chiedersi sempre di meno e dare sempre di meno.

Infine si comincia a chiedersi DI PIU’. Di più come azienda e di più come lavoratori.

Come azienda, mai come oggi, è il momento di fermarsi a riflettere quanta attenzione e intenzione stiamo mettendo nella guida dei nostri lavoratori: sono numeri che mandano avanti la baracca, o sono persone da cui, con un po’ di buona volontà e una strategia efficace, potremmo riaccendere passione, entusiasmo e voglia di fare la differenza?

Come lavoratori, mai come oggi, è il momento di rendersi conto che – nonostante la crisi – le opportunità di crescita e di cambiamento sono tantissime. Solo che dobbiamo imparare a riconoscerle, trovarle, scovarle.

Come insegna il Festival, queste “imprese civili” esistono e sono tante; piccole, forse, ma molto concrete. Sono figlie della nostra creatività tutta italiana che non aspetta altro che essere richiamata all’azione.

Una chiamata al diventare LavorArtisti appassionati, non più solamente lavoratori o imprenditori insoddisfatti, frustrati, stressati che si trascinano stancamente combattendo la loro silenziosa guerra quotidiana in attesa del prossimo momento di tregua nel weekend (forse… email e straordinari permettendo).

E’ solo quando il lavoro diventa Arte, che finalmente smette di diventare Lavoro!

Fonte https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2019-03-30/addio-profitto-scopo-dell-impresa-e-felicita-chi-ne-fa-parte-152327.shtml

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“Non azzardarti a volare basso, amico mio. Non sentirti in colpa se hai obiettivi alti. Quei sogni sono stati piantati come semi nella tua anima per un motivo ed è tuo dovere onorarli. Non frenarti nella vita solo per confortare o placare chi ti sta intorno. Trattenersi non è umiltà: è mentire”  Cit. B. Burchard

#IoNonMiAccontento. La vita è una, voglio che ne valga la pena

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Sara mi guarda con gli occhioni grandi quanto quelli di un cerbiatto spaventato. 

E’ bella, di una bellezza timida ma commuovente quanto quella di una bambina, nonostante sia già ormai oltre i 35 anni.

Laureata, avvocato-ma-volevo-fare-altro, si trascina stancamente fra aule di tribunale, fotocopiatrici rumorose e volumi polverosi scritti in azzeccagarbugliese.

Si chiede come mai sia finita a fare questa vita. Proprio lei.

Lei che amava il sole, la libertà, il mare, correre fino a perdere il fiato e poi sdraiarsi sulla sabbia calda nel sole rovente dell’estate… l’unica cosa su cui ora poteva sdraiarsi era il letto del suo monolocale in centro, scaldato solo dal suo gatto Romeo.

Dimmi, cosa c’è che non va in me?” mi chiede, sperando finalmente di incontrare una risposta che le dia sollievo. O forse, più che altro, un senso.

Perché per le persone come Sara – e come me per tanti anni – la faccenda è che la vita, così, non ha un senso.

Non importa quanto guadagni.

Non importa quanto ti invidiano gli altri.

Non importa quanto sembri intelligente e brillante.

La sera, quando tutti i rumori e le corse della giornata sono finite, tu sei lì solamente con te stesso e ti chiedi:

Ma chi me lo fa fare di continuare così anche un solo altro giorno?

Guardo Sara intensamente negli occhi, quasi cercassi di abbracciarla nel tentativo di passarle la mia certezza di oggi. Quella certezza che – oggi – sa che Sara ce la può fare e che non ce niente che non va in lei.

Per prima cosa, cerca di rilassarti. Fai un bel respiro profondo e lasciati andare sulla sedia. So che vivi spesso come se fossi seduta su un sedile di spine. E’ normale, normalissimo.

Quando hai la percezione che la tua vita non è sotto il tuo controllo; quando sei ormai convinta che hai sbagliato strada ma non hai idea di come fare per cambiare rotta e ti sembra che ormai sia invariabilmente troppo tardi… è normale sentirsi pieni di tensione, stress e soprattutto paura.

Sara mi guarda e annuisce con i suoi occhioni da Bambi mentre cerca di trovare una posizione un po’ più comoda sulla poltrona del mio ufficio.

“Ok, brava. Allora Sara, ascoltami. Per prima cosa dobbiamo gettare nuove solide basi. Dobbiamo aiutarti a vedere nuove possibilità e soprattutto ridarti la voglia, la fiducia e la forza per poterle cogliere. In questo momento sei come una pianta avizzita e ripiegata su se stessa. Ti senti sfiduciata, spenta, senza possibilità né via di scampo. Voglio che tu sappia che è normalissimo e non dipende in nessun modo dal fatto che tu sei, in qualche modo, sbagliata”.

Eccolo pronto… il guizzo di una fiammella di speranza che riparte.

Quando quel momento arriva, non importa quante altre centinaia di volte l’ho già visto arrivare in quante altre facce e sfumature e storie… Quel momento è quello che dà un senso alla mia vita.

E credimi, arrivare a scoprire di avere un senso non è stata cosa per niente facile nemmeno per me…Ex frustrato ingegnere-ma-volevo-fare-altro, oggi ho una storia a lieto fine da raccontare. Ma non è sempre stato così, anzi.

Per quasi vent’anni sono stata un altalenare fra le Sara, i Marco, le Alessandre, i Luigi, i Marcello, le Lisa, i Mattia… che oggi bussano alla mia porta alla ricerca di una risposta. Solo che io una volta non l’avevo.

Non avevo per niente le idee chiare come le ho oggi. Ed ho sudato veramente sangue per riuscire a venire a capo dei mille sgambetti e tranelli che il nuovo mercato del lavoro ci ha messo davanti, soprattutto dopo l’arrivo della crisi del 2009.

Per questo motivo ormai da anni dedico ogni goccia delle mie energie a diffondere quello che ho imparato e tradotto sistematicamente nel modo più semplice e replicabile possibile.

– “Quello che dobbiamo fare per primissima cosa, Sara, è lavorare sui due pilastri portanti che, se non sono a posto, ti impediscono di guardare al futuro con serenità e fiducia”.

– “Quali sarebbero?”

– “Il primo è il senso di meritare.

– “Cioè?”

– “Cioè, se io ti chiedessi che cosa senti di meritare tu, nella tua vita, cosa mi diresti?”

– “Beh… ti direi che merito di avere una casa, una famiglia, un buon lavoro… insomma una vita tranquilla”

Una vita tranquilla, una casa, una famiglia, un buon lavoro… niente di strano apparentemente non trovi?

Decisamente… “una vita normale”. Quella che vorremmo tutti, alla fin fine, giusto no?

 

 

A Sara e a chi incontro di persona lo spiego con più delicatezza ma a te che non posso vederti negli occhi e non posso guidarti, passo dopo passo, a capire come stanno le cose veramente, devo dire le cose senza mezzi termini!  

Ti aspetti troppo poco dalla vita

 

Non ti innervorsire. E’ vero, non ti conosco e non ho la minima idea di chi sei, cosa fai e cosa pensi o speri. Ma questa è una questione dimostrabile scientificamente.

Sono certa che se lavorassimo a tu per tu, anche solo per un paio d’ore, ti dimostrerei con assoluta chiarezza che quello che sto dicendo è la verità.

Anche nel tuo caso: ti aspetti troppo poco dalla tua vita.

Sai perché ne sono così sicura?

Perché IO stessa mi aspettavo troppo poco dalla mia vita nonostante avessi passato quasi vent’anni a fare corsi di crescita personale e studiare libri di ogni genere tipo perché volevo una vita migliore…

Il fatto è che, per come siamo cresciuti, non abbiamo assolutamente sviluppato nessun PIANO D’AZIONE per pensare veramente in modo strategico e intelligente alla nostra vita e alle nostre aspettative.

La conseguenza di questo è che il nostro orizzonte è LIMITATO e non riusciamo a vedere lontano quanto potremmo.

Per cui, per forza di cose, ci aspettiamo cose limitate.

Ci aspettiamo di trovare “un lavoro che almeno mi posso fare il mutuo e comprare casa”, di avere un lavoro non troppo lontano da casa perché così almeno posso vedere i miei figli al volo nell’ora di pausa pranzo…

Ci aspettiamo di poter arrivare a fine mese dignitosamente e magari possibilmente fare anche un paio di settimane di vacanze all’anno al mare…

 

Ma questo NON è avere aspettative.

Questo NON è sentire di meritare grandi cose.

“Sì sì ok, Erica, bel discorso, ma adesso torniamo alla vita reale, basta con i sogni”.

Se questo è quello che stai pensando, hai DAVVERO bisogno di leggere il mio libro Un Lavoro Che vale per una vita che vale. Dove ti dimostro, fatti e numeri alla mano – da buon ingegnere che è in me – che OGGI alzare il tiro delle tue aspettative, “sognare in grande”, non è un di più per pochi ma l’unica reale strategia di successo professionale ed economico nel nuovo mondo del lavoro “liquido”.

Purtroppo la maggior parte di noi si è così abituata a vivere una vita “testa bassa e lavorare” che nemmeno si permette più di pensare e sognare a dove vorrebbe essere domani.

Al più ormai ci si riduce a pensare che “domani magari vinco all’enalotto e così non ci penso più”.

Questa prospettiva così limitata, senza sogni, senza speranze, senza motivazione è esattamente il frutto di un intero sistema educativo e lavorativo creato a tavolino negli ultimi secoli per produrre uomini in serie, forza lavoro obbediente e senza troppe pretese.

MA

Oggi che quel sistema è entrato in crisi…
Oggi che ci sono robot ancora più obbedienti e con pretese pari a ZERO…
Oggi tu DEVI alzare la testa e guardare al tuo futuro, pretendendo da te stesso di crearlo a tua immagine e somiglianza.

A questo riguardo, voglio suggerirti una lettura che per me è stata molto illuminante quando ero ancora solo un frustrato ingegnere-ma-volevo-fare-altro. Si chiama “Te Stesso al 100%” ed è uno dei primi e più famosi libri di Wayne Dyer, straordinario pensatore e oratore americano, purtroppo già mancato qualche anno fa.

Il sottotitolo in italiano dice “la semplice filosofia d’essere sempre nel tuo momento migliore” e in quarta di copertina ti spiega cosa intende:

“E’ possibile liberare tutte le energie, tutta l’intelligenza, tutta la volontà che sono nascoste in noi e che normalmente non utilizziamo? E’ possibile vincere sempre? Non solo è possibile, ma si può addirittura imparare ad avere successo (e a essere felici) seguendo con intelligenza alcune semplici regole”

Ora, devo dire che ho provato a lungo ad applicare queste – e milioni di altre regole – nella mia vita, nella relazione di coppia e nel lavoro.

Ma se per la vita, la relazione, la famiglia e in generale il mio modo di affrontare le cose sono state molto utili, queste “semplici regole” e molte altre più o meno semplici proposte da altre centinaia di autori che ho letto in tutti questi anni, queste regole incredibilmente non riuscivano mai ad aiutarmi nel trovare una quadra per quanto riguardava la mia situazione di insoddisfazione lavorativa.

Del resto, quando hai una laurea importante conquistata con sudore o comunque un bel lavoro ben pagato e tutti ti invidiano perché tu sei così fortunata…

come fai anche solo a confessare che in realtà vorresti mollare tutto e ripartire da capo facendo tutt’altro, ma non sai bene cos’altro???

Eh… Esatto, non è semplice.

Anzi, sembra piuttosto impossibile. Conferma ne sia il fatto che sono rimasta per ben 18 anni a marcire nella mia insoddisfazione, fra tentativi di distrarmi e somatizzazioni di ogni genere e tipo.

L’unica cosa che mi ha permesso di uscire dal tunnel è stato il SECONDO pilastro che ho spiegato, quel giorno a Sara:

“Vedi Sara, una volta affrontato il senso di “meritare” in modo serio e strutturato, il secondo pilastro Sara su cui dobbiamo lavorare è il tuo SENSO DI ESSERE CAPACE. Ma attenzione. Non intendo “essere capace a fare l’avvocato o a fare la mamma o la compagna o qualunque altra cosa che sai già fare.

Perché sapere di essere capace di quello che già sai di essere capace ti porterà a circuitare sempre negli stessi spazi e percorsi. Quello che dobbiamo invece sviluppare è il tuo senso che SEI capace di ottenere quello che vuoi, in un modo o nell’altro ti sai dotare di quello che ti serve per arrivare fin qui

Probabilmente, come Sara anche tu mi guarderesti stranito perché ti sembrerebbe che, se oggi non stai facendo quello che vorresti è perché non sai ottenere quello che vorresti, giusto?

Sbagliatissimo.

Se oggi non hai quello che vorresti non è perché non lo sai ottenere. Ma perché non sei stato chiaro abbastanza a definire quello che volevi.

Prova a pensarci. Hai scelto il lavoro che ora fai per quale motivo?

Con ogni probabilità perché volevi “un buon lavoro, una famiglia, una vita tranquilla”, visto che nessuno ti ha mai insegnato – né forse permesso – di pensare abbastanza in grande, come abbiamo detto prima nel primo pilastro.

E quindi, quando poi il sistema economico è crollato con il 2009, niente di più ovvio e scontato che tu ti sia ritrovato su un campo minato. E niente di più ovvio e scontato che tu non abbia la minima idea di come e cosa fare per cambiare la tua situazione.

Per cambiare rotta il mio consiglio è: comincia a lavorare sui due pilastri. Per questo ti do due consigli su cui puoi metterti subito all’opera e già migliorare in modo netto la tua situazione attuale. Prova e vedrai.

Quindi

PUNTO DI LEVA N°1: Sentire di Meritare, in grande.

Per farlo ti suggerisco, oltre a leggere il libro di Wayne Dyer di cui parlavamo prima, di prenderti del tempo e fare una lista di tutto quello che vuoi o che vorresti.

E se hai voglia di sfidarti un po’ di più, ti suggerisco un altro esercizio che per me è stato incredibilmente utile per spingermi, disciplinatamente, a pensare più in grande e a chiedermi – e aspettarmi – di più. Si tratta dei “101 desideri”, qui in Italia reso famoso da Igor Sibaldi. Molto semplicemente, c’è un suo video in rete di circa una mezzoretta che ti spiega cosa e come fare.
Se avrai la tenacia e la disciplina per farlo, potresti stupirti di quello che comincia a succedere dentro di te

PUNTO DI LEVA N°2: Sentire che sei già stato CAPACE di grandi cose.

Anche solo il fatto che stai ancora leggendo questo mio “messaggio nella bottiglia del web” lo dimostra. Tu VUOI di più. Una parte di te VUOLE poter credere di più. E’ tuo dovere dare a quella parte di te gli STRUMENTI, le CONOSCENZE e la STRATEGIA per andare dove merita e sogna.
Quindi? In pratica?

Qualunque sia la situazione che in questo momento ti blocca, prendi zio Google e tartassalo di domande e di richieste. Non riesci ad andare d’accordo con tuo figlio adolescente? Chiedi a zio G. Non riesci a trovare l’amore della tua vita? Chiedi a zio G.

Trovare le risposte non sarà semplice perché nel mare del web, nel mondo dell’informazione in cui viviamo purtroppo oggi la cosa difficile è sapere QUALI domande fare. QUALI alternative esistono là fuori che tu non conosci.

Solo che, già che non le conosci… come fai a cercarle?

Per questioni di cuore, di relazione o di figli potrei dirti magari la mia davanti ad un caffè se ci incontrassimo un giorno.

Ma per questioni di LAVORO, ho trascritto e tradotto in modo sistematico – al limite dell’ossessione – tutto quello che mi ha permesso di risolvere la MIA insoddisfazione professionale e trasformare il tutto in un percorso perfettamente ripetibile e alla portata di chiunque.

Puoi evitarti i miei 25 anni di frustrazione, errori, dolori, esaurimenti, stress, sangue, sudore e lacrime e fare tesoro della capacità di sintesi di un ingegnere per avere a tua disposizione esattamente le domande precise da fare a te – e a zio G – per scoprire quali alternative migliori ci sono nel mondo del lavoro per te oggi.

E, soprattutto, come fare a raggiungerle senza rischiare di perdere tutto quello che già di buono hai conquistato fin qui.

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“Non azzardarti a volare basso, amico mio. Non sentirti in colpa se hai obiettivi alti. Quei sogni sono stati piantati come semi nella tua anima per un motivo ed è tuo dovere onorarli. Non frenarti nella vita solo per confortare o placare chi ti sta intorno. Trattenersi non è umiltà: è mentire”  Cit. B. Burchard

Come vincere la sindrome da “Odio-il-lunedì”

Come vincere la sindrome da “Odio-il-lunedì”

Come vincere la sindrome da “Odio-il-lunedì”

RIASSUNTO:

  • Odi il lunedì? Con molta probabilità è colpa del tuo lavoro…
  • So che ti potrebbe sembrare difficile da credere però la realtà dei fatti è che il problema non è il lavoro che fai, ma tutta un’altra serie di dati mancanti che però puoi recuperare, una volta che capisci DOVE trovarli.
  • Guarda il video per ascoltare l’intero training
  • 2 Errori da evitare e 3 Soluzioni da mettere in atto subito per migliorare il tuo rapporto insoddisfacente con il lavoro

(NOTA: Quella che segue è la trascrizione del video registrato in diretta)

Al momento in cui sto registrando questo video è lunedì.

Magari tu lo guarderai in un momento diverso della settimana, ma poco importa perché tu sai benissimo come me che prima o poi un altro lunedì nella tua vita arriva… A dirla tutta oggi è un lunedì particolare perché è anche il lunedì di rientro dopo la pausa abbastanza lunga delle vacanze natalizie e, probabilmente ne hai già sentito parlare perché se ne fa molto discutere ai giornali e alla radio, esiste addirittura una cosa che si chiama “SINDROME DA RIENTRO”

Ovvero: nel momento in cui tu stacchi per qualche motivo, soprattutto per  qualche periodo più lungo, quindi già solo il weekend, ma in particolar  modo vale per le vacanze, e poi ti ritrovi a ritornare nella tua vita quotidiana… Il tuo sistema prende uno di quegli scossoni che lo alterano profondamente!

E uno dei fattori che ha maggiore incidenza in tutto questo, immagina un pò..?

Il LAVORO!

Ma certo! la maggior parte di noi ha una situazione lavorativa che per qualche motivo è insoddisfacente: 

  • ti porta via troppo del tuo tempo.
  • O magari in questo momento non hai un lavoro, o hai paura di perdere quello che hai
  • oppure ne hai uno che anche ti piace ma non ti permette di guadagnare abbastanza
  • oppure hai un lavoro che ti fa guadagnare un sacco ma non ha nulla a che vedere con te, con chi sei veramente…

Insomma: ti ritrovi la domenica sera che sai che domani e lunedì e riprendere quella routine
ti è cosììììì pesante! 

E’ una situazione che accomuna tantissimi di noi (me compresa per lunghissimo lunghissimo tempo)

E’ per questo che ormai ho una certa esperienza (anche perchè ho trovato il modo per venirne fuori)

E in questo video voglio condividere con te due fondamentali ERRORI con cui gestire in maniera scorretta questa situazione e tre SOLUZIONI che puoi mettere in pratica fin da subito per far sì che il prossimo lunedì sia meno disastroso di questo!

 

I due più grossi errori da evitare

Allora il PRIMO errore è: “Basta, mollo tutto!

Che sia vero o che tu semplicemente lo pensi, il problema rimane lo stesso.

Ovvero, si tratta di una falsa soluzione perché il problema non è veramente il tuo lavoro…

So che ti potrebbe sembrare difficile da credere però la realtà dei fatti è che il problema non è il lavoro che fai, ma tutta un’altra serie di dati mancanti

A causa della società nella quale siamo cresciuti, che non era preparata per farci vivere in questo mondo del lavoro, adesso ti mancano STRUMENTI, ti mancano INFORMAZIONI ti manca una STRATEGIA e soprattutto ti manca un modo di vedere il mercato del lavoro che ti permette di affrontare la tua vita lavorativa in modo completamente diverso al punto da sentirti realizzato, straripante di energia, con un sacco di voglia di fare e di conseguenza anche l’energia per affrontare il lunedì in maniera completamente diversa.

Quindi il “mollo tutto” non è un modo corretto di affrontare questo fastidioso disagio, la fatica, la sindrome da rientro che sia da vacanza, che sia da weekend lungo.

Errore N°2

Altro modo sbagliato per affrontare questa situazione è pensare “Porto  pazienza” “Così fanno tutti”… è la vita, è il mondo, diventi grande… poi hai gli impegni… i figli, il mutuo, la macchina, cosa ci vuoi fare, è così per tutti…

Ecco questo è un modo sbagliatissimo perché quello che è “per tutti” non significa che sia la verità assoluta.

E’ semplicemente la cosa più comune ma non per questo deve essere la regola.

C’è quella frase bellissima di Einstein che diceva

“Tutti pensano che una cosa è impossibile finché arriva a quello che non lo sa e la fa”

Ecco, la situazione è esattamente la stessa. 

Io ho vissuto per anni circondata di persone che mi dicevano “Ma piantala di rompere le scatole, sei un ingegnere, hai un lavoro fantastico” (fantastico secondo loro, comunque… perché guadagnavo) di che cosa ti lamenti?”

E mi lamento che non mi sento realizzata!

Mi lamento che non va bene e anzi non è che mi lamento, proprio voglio qualche cosa di diverso e non mi andava bene sentirmi dire “Ma… che cosa vuoi di più? Hai un buon lavoro, una famiglia, è così che succede per tutti… Vai avanti fino alla pensione e poi te la godrai“.

Ora, se questo consiglio poteva andare bene fino a anni fa, oggi che alla pensione probabilmente neanche ci arriviamo perché è un sistema in… diciamo un sistema “critico”, quello pensionistico italiano, ma oltre a questo: se anche dovessi arrivarci, fammi capire, a 65 70 80 anni che cosa mi posso godere? Che vita posso godere?

Quando poi non ho avuto il tempo per godermi i miei figli crescere perché ero troppo impegnata a fare un lavoro che mi disgustava, ero stressata, non avevo tempo, non avevo i soldi per godermi le cose?! A 70 anni che cosa faccio? Prendo e vado in giro per il mondo?

Certo, c’è chi lo fa, ma bisogna avere la certezza che avrò una salute di  ferro e che potrò permettermi di fare tutto quello che a 30 35 40 45 50 anni e oltre posso fare, ma in maniera diversa.

Quindi “così fan tutti” non è una risposta.

Questa è stata la mia grande fortuna (o forse meglio tenacia e  insistenza): il fatto che per vent’anni ho insistito, sono caduta migliaia di volte perché ero determinata a trovare quello che mi appassionava, avere un lavoro che valesse il tempo, la mia vita e di conseguenza poi, anche se il lunedì mattina le coperte calde sono comodissime anche per me!, però ho un qualche cosa che mi motiva ad alzarmi, a partire, a fare, perché sono cose che mi realizzano, che mi soddisfano.

Perché il mio lavoro vale il mio tempo, oltre naturalmente poi a rendere migliore la mia vita, il mio umore, il modo con cui posso affrontare il resto della vita e quindi migliorare anche le situazioni personali, le relazioni, la voglia e il tempo per dedicarmi in maniera migliore al mio corpo… quindi è un circolo virtuoso che si attiva nel momento in cui tu hai  nella tua vita un lavoro che vale il tuo tempo e la tua vita!

Quindi, questi due erano in due modi errati. Abbiamo detto: “Mollo tutto”, che sia solamente una fantasia o che tu lo faccia per davvero, che è ancora più rischioso, e “Così fanno tutti” sono i due errori. 

Tre soluzioni per liberarti dal senso di insoddisfazione
per il tuo lavoro

N°1. Chiarezza

Fai chiarezza! Chiarezza su che cosa c’è che non funziona e anche poi su quello che funziona.

N°2. Perchè

Il secondo punto su cui lavorare è questo: “Trova un perché”. Non dico il perché della vita, ma un perché che ti permetta di focalizzati sul sulla fatica che stai facendo e dargli un senso. La vita  non è sempre perfetta… qualunque cosa ti capiti può essere punteggiata di cose che non funzionano, qualunque situazione può prenderti alla sprovvista…

Quindi non possiamo fare i conti con quello che arriva da fuori perchè non è controllabile nè prevedibile. Ma darci un perché nel momento in cui stiamo facendo fatica è indispensabile! E’ quella cosa che ti fa rialzare, quella cosa che crea in te la resilienza, quella cosa che ti dà la spinta, quella cosa che ti permette di restare in movimento anche quando le cose sono difficili.

Un lavoro orrendo, se lo fai perché sai che ti stai costruendo, anche semplicemente una sicurezza economica nel mentre ti costruisci un  percorso lavorativo diverso e migliore, è già tutta un’altra cosa!

Io ho passato anni facendo un lavoro che non mi piaceva, che letteralmente odiavo, somatizzano sul piano fisico, ma sono riuscita ad andare avanti proprio e solamente perché sapevo che quel lavoro mi permetteva di guadagnare dei soldi con cui io potevo mantenere i miei impegni, le mie cose, la mia vita e nel frattempo studiare, reinvestire comprare corsi di formazione, tutto quello che mi è servito per arrivare ad essere la persona che sono adesso.

Quindi, il fatto di farlo per un perché, può essere un perché di crescita ma può essere un perché per i tuoi figli, l’importante è che sia un perché collegato al terzo punto di soluzione.

Perché il sacrificio solamente in quanto tale a tempo indeterminato “lo  faccio così per i miei figli per sempre” diventa difficile da sostenere a lungo termine.

N°3. Movimento

E questo ci porta al terzo punto, alla terza  soluzione ovvero “Mettiti in moto”.

Cosa intendo con “mettiti in moto”?

Intendo: crea un piano d’azione.

Se in questo momento della tua situazione lavorativa non ti realizza, non ti soddisfa, non ti  appassiona, ti rattrista, ti stessa… crea un piano per migliorarla!

Con il primo punto abbiamo visto la chiarezza: dovresti aver messo più luce su che cosa ti dà difficoltà, su che cosa non ti piace nel lavoro a attuale.

Con il secondo punto abbiamo detto “trova un perché” per sostenere questa situazione e come ti dicevo collegalo poi al movimento, cioè non puoi restare in una situazione insoddisfacente per sempre. Si può sacrificare del tempo, della qualità di vita, dell’impegno se hai un perché, ma “a termine”!

Non puoi fare lo schiavo a vita! Quindi avere un piano d’azione è assolutamente indispensabile perché è quella cosa che ti permette di dire “ok là fuori diranno… tutti dicono che così succede per tutti, così va bene per tutti. Non importa. Io so che ho un piano d’azione e su questo piano d’azione sto costruendo il mio futuro!”

Come fare per avere questo piano d’azione? Innanzitutto devi conquistare più abilità, più maestria sul come affrontare il mercato del lavoro. Ognuno di noi esce oggi sul mercato del lavoro con la sua unica certezza che bisogna lavorare ed è troppo poco oggi per affrontare il mercato del lavoro!

Non è sufficiente “aver bisogno di lavorare” per trovare lavoro. E questo succede che tu esca dall’università come che tu ti ritrovi senza lavoro all’improvviso perché la tua azienda salta per aria, o perché tu decidi consapevolmente e deliberatamente di cambiare lavoro. Cioè, non è che perché tu hai bisogno di un lavoro tu sai trovare lavoro, ok?! Quindi prima cosa bisogna passare dal bisogno di un nuovo lavoro al “Come faccio a trovare lavoro” che non è il come trovo la soluzione – magheggio!

E’: come posso dotarmi di tutte le abilità, gli strumenti che mi servono, cosa mi serve padroneggiare per andare a caccia nel mondo del lavoro?

E’ come fare un qualsiasi sport, una qualsiasi attività, una  qualsiasi facoltà anzi dovrebbero metterlo obbligatorio nel corso di laurea quali solo gli strumenti efficaci per trovare lavoro!

Che poi gli strumenti efficaci per trovare lavoro è solo un pezzo dell’equazione  perché poi che dovrebbero all’università anche dire che ti hanno formato per una piccolissima parte del mercato, per la quale tu con ogni probabilità non hai un incastro perfetto…

Perciò ti dovrebbero dire ok ti abbiamo dato una forma mentis sul modo di affrontare lee tue competenze tecniche ti diamo anche qualche strumento per affrontare il mercato poi però tu devi trovare la maniera di capire che cosa ti piace e come incastrare i tuoi talenti, competenze e abilità migliori con quello che il mercato chiede, in modo da poter avere  finalmente un lavoro che vale la tua vita.

Questo è un pò futuristico pensare che l’università lo faccia e se  desideri approfondire questi temi il mio sito e tutto quanto il mio  lavoro è esattamente improntato su questo per dare quella formazione che  il nostro sistema scolastico per varie ragioni e motivi che adesso non andiamo a vedere, non ti dà e non ti darà mai perché un po’ non è nel loro interesse e un po diciamo che il tempo di messa in allineamento con l’avanzare della tecnologia del mondo veloce in cui viviamo oggi, rispetto i tempi diciamo standard scolastici, universitari… sono tempi molto diversi.

Se vuoi puoi approfondire questi temi e avere accesso all’anteprima del mio libro “Un Lavoro che vale”, che è esattamente il piano d’azione base che devi mettere a punto puoi andare su questa pagina e scaricarlo gratuitamente =>  www.ericazuanon.com/anteprima-libri/ 

Base non perché ce ne siano poi gli altri ma è la versione che puoi mettere a punto in qualsiasi momento a partire da qualsiasi punto tu ti trovi.

Vedrai poi nel libro, è un sistema circolare, una ruota che aumenta la sua portata man mano che la applichi quindi la sua versione base è esattamente uguale alla versione ingrandita solo che tu hai  aumentato la tua capacità, la tua maestria, le tue abilità nell’ identificare chi sei, che cosa vuoi veramente, nel capire che cosa vuole veramente il mercato e nel trovare il modo di comunicarti sul mercato in maniera tale che il mercato sappia che esisti, prima cosa.

Sappia che vali, seconda cosa, e che ti dia un’opportunità, terza cosa.

Che però tu ti sai giocare perché anche questa è una cosa importante: non  è sufficiente poi agganciare il lavoro.

L’aggancio del lavoro è una parte, certo non semplice, ma sapere come fare per mantenerlo e non fartelo portare via al primo soffio di vento è tutta un’altra cosa!

Perché hai bisogno di essere una persona che ha certe caratteristiche, certi requisiti e tutto questo non ti viene insegnato nel sistema scolastico e dalla nostra società.

Perciò intanto lavora su questi tre punti per far sì che il prossimo lunedì (beh, magari non proprio il prossimo-prossimo, perché è un processo che ha bisogno del suo tempo, però diciamo presto un qualche lunedì!) tu possa dire “E’ fantastico! non ho ancora al lavoro che veramente fa la differenza della mia vita, però sono dentro un processo preciso, è una strada e come tutte le strade è sufficiente che io percorra quella strada abbastanza lungo, per abbastanza tempo per arrivare a destinazione.”

Ecco questo è quello che il sistema CREEA di “Un lavoro che vale” ti dà: esattamente una ruota, una macina, un qualche cosa che ti permette di avanzare con il tuo passo, lento, veloce… a seconda del tempo che poi hai a disposizione, ma con sicurezza verso una direzione chiara che è la direzione di conquistare un lavoro che vale la tua vita!

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